UN CORDIALE BENVENUTO A RONCHI DEI LEGIONARI

Il Comune di Ronchi dei Legionari, composto dal capoluogo e dalle frazioni Selz, Vermegliano e Soleschiano, è uno dei centri del Mandamento di Monfalcone, situato immediatamente ai piedi dell’altipiano carsico,  nella bassa pianura isontina. La sua storia segue le sorti della terra in cui si situa: abitato fin dai tempi della preistoria e in epoca romana, il territorio fu più tardi dominio del Patriarcato di Aquileia, cui rimase fino al 1420 per passare quindi alla Repubblica di Venezia fino al 1797; dopo il breve periodo delle occupazioni francesi, nel 1815 è entrato a far parte dei possedimenti dell’Impero Austriaco e quindi all’Italia dal 1918. Da sempre luogo di transito di importanti vie di comunicazione tra Nord -Italia e Europa centro-orientale, l’area si è sviluppata a partire dal Medioevo con un’economia agricola fino al XIX secolo, divenuta prevalentemente industriale dalla fine dell’Ottocento.   

Le prime citazioni nei documenti scritti del capoluogo Ronchi e delle altre località compaiono tra X e XIII secolo (Ronchi nel 976, le frazioni tra 1270 e 1300), ma si sa che il luogo fu abitato da tempi ben più antichi. Il ritrovamento di una necropoli e di altri reperti hanno confermato la presenza umana a Ronchi già in epoca preromana, quando anche sul Carso monfalconese era diffusa la cosiddetta “civiltà dei castellieri”. L’area fu poi colonizzata in epoca romana facendo parte dell’agro aquileiese, come testimoniato da rinvenimenti sparsi in diversi punti del territorio comunale. All’epoca transitava di qua la via Gemina, principale arteria di collegamento verso Oriente che superava un corso d’acqua (probabilmente un antico ramo del delta dell’Isonzo) con un  lungo ponte in pietra sito in località Sochet. Nelle campagne poste tra gli attuali abitati di Ronchi e Soleschiano sono stati ritrovati nel 1987 i resti di una grande villa rustica,  abitata e più volte ristrutturata tra I secolo a.C. e III secolo d.C., ben documentata dall’esposizione nel locale Museo Archeologico in piazza della Concordia.

Gli insediamenti abitativi si sono sviluppati nelle forme attuali a partire dal tardo Medioevo. L’economia agricola di quei secoli ha lasciato un’impronta indelebile sul disegno dei nuclei urbani e delle campagne: Ronchi si è allargato sul terreno in una serie di borghi rurali isolati (Cao de soraCao de mezoCao de soto Soleschiano più spostato verso la pianura. La semplice architettura di quei tempi è ricordata da un elemento che ancora oggi, tra edifici moderni, caratterizza l’immagine del luogo: sono i muretibraide

Ogni borgo aveva il suo edificio di culto. Ben conservata è la chiesa di Santo Stefano a Vermegliano, costruita nelle forme attuali nel 1558 su un edificio preesistente minore. Si presenta con facciata a capanna, portico e un alto campanile a vela retto da robusti pilastri in pietra, mentre l’interno è ornato da pregevoli affreschi, in gran parte del 1575-76, opera del pittore friulano Sebastiano Secante.

La stessa tipologia, semplificata nella più lineare facciata, è ripresa nella chiesa di S. Tommaso a Soleschiano, seminascosta tra le case del paese, mentre altri edifici religiosi di analoghe forme sono scomparsi nel tempo (S.Silvestro, S.Vito, S.Leonardo). La parrocchiale di S.Lorenzo è stata invece più volte ampliata e presenta oggi dimensioni e forme risalenti al 1780 (restaurate dopo la prima guerra mondiale). Del XVIII secolo è pure l’aspetto attuale della chiesa di S.Domenica a Selz, da qualche anno affiancata da un nuovo edificio. La chiesa della Ss. Trinità, sulla via omonima, a Ronchi, grazioso edificio vagamente baroccheggiante a pianta centrale, è sorto nel 1759  come cappella privata dei conti Pianese.

L’attività nelle campagne faceva capo ad alcuni caseggiati dominicali, composti in genere da casa padronale, fabbricati rustici di servizio, cortili e braide Si segnalano la seicentesca villa Mantica, oggi Meterc a Soleschiano, circondata da maestosi alberi e collegata alla sua campagna da un lunga carrareccia rettilinea;  a Ronchi palazzo Girardi, oggi Fabris, in piazza Oberdan, pure del Seicento; e il complesso dei de Dottori, in via XXIV maggio, settecentesco, composto da un imponente palazzo affacciato su strada, un’ampia serie di annessi e il prezioso muro della braida, in cui sono in parte reimpiegati alcuni conci del ponte romano del Sochet, ritrovati nei terreni di questa famiglia.

Numerose sono le ville costruite dopo il 1800, in genere meno legate alle attività agricole. Spicca  tra tutte in piazza Unità Villa Vicentini, poi Miniussi, oggi sede del Consorzio Culturale del Monfalconese. E’ una graziosa palazzina neoclassica, preceduta da un giardino sopraelevato  e ornata da una torretta laterale, fatta costruire tra il 1829 e il 1835 da Giacomo Vicentini, funzionario delle Fabbriche Edili a Trieste. Il suo cortile è chiuso lateralmente da una scenografica quinta muraria su cui sono disegnate delle arcate sovrapposte, mentre nello spazio retrostante  si trova una serra retta da colonne in pietra recuperate da una chiesa preesistente.

Alla sua destra si nota villa Carlo, elegante palazzina residenziale di proporzioni geometriche classicheggianti, anch’essa del 1835. Era la dimora dei nobili francesi Morè de Pontgibaud, esuli a Trieste dal 1791 con lo pseudonimo di Labrosse, proprietari di vaste tenute agricole in tutto il  basso isontino. Purtroppo perduta è l’ala dell’edificio che proteggeva, lontana dalla Francia, la preziosissima pinacoteca di famiglia (riportata in patria già nel 1872), così come scomparsa è la collezione dei reperti romani emersi dal podere che i Labrosse possedevano presso S.Canzian d’Isonzo, fino al 1956 esposti lungo il recinto di una delle loro braide ronchesi.  

Segni inequivocabili di un certo sviluppo architettonico tardo-ottocentesco sono evidenti in altri edifici padronali minori. A Ronchi si distinguono villa Ragusin  in via D’Annunzio (oggi un ristorante) e casa Blasig (“il castello”) in via Mazzini, mentre a Selz si nota il complesso Corbatto, poi Cappelletti, preesistente ma ristrutturato in quegli anni. Ben conservati, entrambi in via Roma  a Ronchi figurano Casa Blasig, affiancata da un giardino molto curato, già abitazione del podestà Alessandro Blasig e il bianco villino de Dottori. Purtroppo molto degradata è la villa appartenuta a inizio Novecento all’ammiraglio della Marina Austriaca von Hinke, nascosta dal suo ricchissimo parco ormai inselvatichito.

Per Ronchi e il suo territorio gli anni compresi tra la metà del XIX e l’inizio del XX secolo corrispondono a un periodo di grande sviluppo e trasformazione. Nel 1850 Ronchi divenne comune autonomo, assorbendo le sue frazioni. Nel 1860 fu inaugurata la prima stazione ferroviaria (Ronchi Nord)  sulla linea Trieste- Udine-Venezia, cui seguì nel 1906 l’inaugurazione della seconda stazione (Ronchi Sud)  sulla linea Trieste-Cervignano-Venezia. Il quadro socioeconomico cambiò gradatamente in seguito all’avvio, in tutto il monfalconese, delle prime attività industriali: in particolare dopo l’apertura, nel 1908, dei Cantieri Navali di Monfalcone, ma anche grazie al  Cotonificio di Vermegliano, del 1884, i cui fabbricati, da poco recuperati, costituiscono oggi un raro esempio locale di archeologia industriale. Nel 1906 fu tracciato tra Sagrado e Monfalcone, passando per Ronchi, il canale de Dottori, che grazie all’energia prodotta da alcune centraline idroelettriche (non più esistenti) e a un sistema di irrigazione più razionale fu di forte impulso per industria e agricoltura. Tra i fatti che animarono la località, va citato l’arresto dell’irredentista Guglielmo Oberdan in una locanda cittadina, nel 1882,  mentre nel 1912 il comune fu elevato al rango di “borgata”, con editto firmato dall’imperatore Francesco Giuseppe

Le vicende della prima guerra mondiale provocarono distruzioni e orrori, in particolare tra il 1915 e il 1916, quando le alture carsiche più prossime furono teatro delle prime battaglie dell’Isonzo e gli abitati divennero immediata seconda linea. Buona parte della popolazione venne evacuata nel centro stiriano di Wagna, una delle due città con cui oggi Ronchi è gemellato; il patrimonio immobiliare riportò danni ingentissimi.

Simbolo della lenta ricostruzione fu la palazzina comunale, disegnata  in stile neo-medievale italiano sull’attuale piazza Unità, nei primi anni Venti. E’ del 1919 l’episodio cui si lega l’attuale nome intero del comune, che ricorda i legionari qui radunati da Gabriele D’Annunzio per muovere alla volta dell’impresa di Fiume.

Il gemellaggio con la slovena Metlika si lega invece alle lotte partigiane della seconda guerra mondiale, fatti per i quali al comune di Ronchi è stata conferita la Medaglia d’argento al Valor Militare.

Oggi Ronchi dei Legionari è più noto per  l’Aeroporto Regionale del Friuli Venezia Giulia, intitolato dal 2007 all’esploratore friulano Pietro Savorgnan di Brazzà. Creato nel 1935 come base di supporto per l’addestramento dei velivoli del 4° Stormo Caccia di stanza a Gorizia, fu inizialmente utilizzato anche per la messa a punto degli aerei terrestri prodotti dai cantieri monfalconesi (in quel periodo CRDA). Abbandonati dopo la seconda guerra mondiale, in parte reimpiegati dall’industria aeronautica Meteor negli anni Cinquanta, i terreni vennero scelti per insediare il nuovo aeroporto regionale, inaugurato con il volo per Roma del 2 dicembre 1961 e da allora in continua crescita.

Ai nostri giorni  l’immagine ambientale del comune di Ronchi è costituita prevalentemente da edilizia residenziale recente distribuita attorno ai nuclei più antichi delle diverse località, in un’espansione dell’abitato che ormai è quasi continua. Gli immediati dintorni offrono la possibilità di gradevoli escursioni a contatto con le peculiarità naturalistiche del luogo, cui conducono comodi percorsi. Ad est dell’abitato di Selz si trova il suggestivo Parco delle Mucille, esteso attorno a tre laghetti di origine artificiale, risultato degli scavi di una vicina fornace non più esistente. Proseguendo sulla stessa direzione si giunge al Centro Visite della Riserva Regionale  dei laghi di Doberdò e Pietrarossa.  Diversi sentieri si snodano sul ciglione che chiude a nordest il territorio comunale (composto dal monte Cosich, il Sopraselz e, più a ovest, il Sei Busi) e da qui verso altri luoghi dell’altipiano, dove tra trincee austriache e italiane, monumenti e altre testimonianze della Grande Guerra, si possono apprezzare tutte le singolari caratteristiche morfologiche, faunistiche e floristiche del Carso isontino.