L'Età moderna

Con il 1420, data che segna l’inizio dell’occupazione veneziana in Friuli, gli abitati di Gonars, Fauglis e Ontagnano con l’annessa campagna passano sotto il governo veneto, anche se in modo indiretto. La Serenissima riconobbe infatti l’investitura feudale del conte di Gorizia su Ontagnano e Fauglis fino alla morte dell’ultimo discendente, mentre dall’altra parte Gonars rimase, assieme alla podestaria di Marano, sotto l’egida del Patriarca.

L’inizio del dominio della Repubblica di Venezia in Friuli avviene in concomitanza con l’affacciarsi sul confine orientale della minaccia turca. Saranno proprio le invasioni in terra friulana dei loro eserciti a segnare dolorosamente la seconda metà del secolo; particolarmente significativa fu la scorreria del 1477, che portò alla distruzione degli abitati di Gonars e di Ontagnano, ridotti in cenere assieme a numerosi altri villaggi posti nelle vicinanze della Stradalta.

A incrinare ulteriormente la situazione di questi luoghi, il 1500 con la morte di Leonardo, ultimo discendente della dinastia dei conti di Tirolo-Gorizia, segna l’inizio di una violenta disputa fra la casa d’Austria e la Repubblica veneziana per il dominio della Bassa pianura friulana. Mentre gli austriaci diventano possessori, in quanto eredi, dei beni dei conti di Gorizia, Venezia avanza le sue pretese di governo su quella parte di beni che non molti decenni prima aveva dato in concessione feudale agli stessi conti di Gorizia. Il risultato è una guerra fra la Serenissima repubblica da un lato e l’Austria, fiancheggiata da Spagna, Francia e alcuni principi italiani (a formare la lega di Cambrai) dall’altro. Dopo alterne vicende, la situazione trova una sua sistemazione definitiva con i patti di Noyon del 1516 e la dieta di Worms del 1521, che stabilivano il governo austriaco, fatto salvo i diritti riservati al Patriarca, su di una buona porzione della Bassa pianura friulana, compresi gli abitati di Gonars, Fauglis e Ontagnano, assieme alle ville di Castello, Porpetto, Villanova, Chiarisacco, San Giorgio, Nogaro e Carlino. L’applicazione di tale definizione non avviene però immediatamente bensì trova attuazione solo con il 1546, dopo che la contrapposizione fra Venezia e Austria si era fatta più acerba: la prima aveva infatti rioccupato la fortezza di Marano (1542), mentre la seconda aveva costruito nelle adiacenze di tale fortezza il presidio di Maranutto, a controllo della zona. Inizia in tal modo il governo austriaco sui territori dell’odierno comune di Gonars, protrattosi quasi ininterrottamente per circa tre secoli, e soggetto a forti tensione causate dai continui dissidi fra Serenissima ed Impero. A questi attriti politici vanno poi affiancate le continue liti insorte fra paesi vicini, sottoposti però a governi contrapposti: esse avevano per oggetto principalmente i diritti di utilizzo di pascoli, fiumi, paludi e di tutti quei beni soggetti ad un uso promiscuo. Questo continuo stato di tensione non poteva prima o poi che degenerare, ed infatti nel 1615 scoppia una nuova guerra fra Venezia ed Austria, la “guerra di Gradisca”, denominata in tal modo per il concentrarsi delle operazioni attorno alla fortezza omonima. Dopo circa tre anni di scontri, nel 1618 viene sancita la pace a Madrid che riporta le divisioni territoriali alla condizione precedente all’inizio del contenzioso e riafferma, di conseguenza, il dominio austriaco su Gonars, Fauglis e Ontagnano.

Come conseguenza di questa situazione instabile e tutt’altro che tranquilla, lo stato economico e sociale di queste terre fra ‘500 e ‘600 non si presenta per niente floreo. L’aumento delle tassazioni, il crescente indebitamento delle famiglie di reddito medio-basso, la progressiva vendita dei beni comunali e l’arricchimento e il potenziamento conseguente delle famiglie nobili e benestanti, non sono altro che alcuni sintomi evidenti della povertà diffusa e del malessere che serpeggia fra i contadini e i piccoli artigiani. Solo con il secondo seicento la situazione tende a migliorare leggermente, soprattutto per l’introduzione, in ambito agro-economico, di due innovazioni fondamentali: la gelsi-bachicoltura e la coltivazione del mais. Entrambe diverranno nell’arco di pochi decenni la base economica fondamentale della sussistenza delle classi povere di questi paesi; in particolare il mais, avente una resa nettamente maggiore di quella del grano, fornirà la base primaria dell’alimentazione per i tre secoli successivi. L’assoluto dominio in campo alimentare di questo cereale, così utile ad allontanare lo spettro della fame, porterà però al diffondersi, in tutte queste zone, della pellagra e del cretinismo, che flagelleranno Gonars, Fauglis e Ontagnano fino agli inizi del Novecento.

A fianco al decadimento e ristagno economico dei secoli XVI-XVIII, va inoltre segnalato il venir meno del potere delle istituzioni: il patriarcato, oramai dall’inizio della dominazione veneziana, aveva perduto praticamente ogni funzione civile ed era sottoposto per certi territori al controllo di Venezia, per altri al controllo della casa d’Austria; le gastaldie e le podestarie erano via via divenute giurisdizioni di tipo privato, lasciate in eredità di padre in figlio, e legate a interessi di tipo quasi esclusivamente familiare; la forza e libertà delle comunità rurali si erano lentamente degradate e assottigliate, schiacciate dal peso sociale ed economico delle famiglie di signori.

Con il 1647, Gonars, Fauglis e Ontagnano entrano a far parte, per volontà dell’imperatore Ferdinando II, dell’autonoma contea principesca di Gradisca, posta con il 1717 sotto le dirette dipendenze della casa d’Austria e in seguito accorpata, nel 1754, alla contea di Gorizia con il titolo di “Contea di Gorizia e Gradisca”. Sono questi gli anni durante i quali viene in un certo senso portato a compimento il processo di definizione dei confini fra i territori veneti e quelli della casa d’Austria, intersecati in un non facilmente districabile groviglio di giurisdizioni e diritti. A stimolare la risoluzione di questo problema,  protrattosi per oltre due secoli, di tracciamento del confine fra i territori della Repubblica e quelli dell’Impero, confine caratterizzato da un andamento contorto legato principalmente all’andamento dei fiumi e dei corsi d’acqua presenti nella zona (con speciale riferimento al fiume Ausa), è innanzi tutto la soppressione del patriarcato di Aquileia nel 1751, con la conseguente realizzazione delle due Arcidiocesi di Gorizia e di Udine e la definizione dei territori religiosi di competenza delle rispettive diocesi. Testimonianza concreta e tuttora esistente degli accordi di metà Settecento è la pietra confinaria posta sul confine che separa l’abitato di Gonars da quello di Morsano nell’anno 1753, rimossa nel 1808 per ordine del Dipartimento di Passariano istituito dai francesi e conservata oggi nel cortile della canonica di Gonars. Su di essa vi si trova incisa, in lingua latina, la descrizione della sua funzione: Confine dell’Austria Interiore e del Friuli Veneto, dopo la pace di Worms mai collocato, posto durante i domini di Maria Teresa romana imperatrice sempre augusta, regina d’Ungheria e di Boemia, Arciduchessa d’Austria e Francesco Laureano doge di Venezia, con la mediazione di Ferdinando Filippo conte di Harrsch e Giovanni Donato per la definizione dei confini. 1753. Va precisato che, contrariamente all’idea attuale di confine, all’epoca esso il più delle volte non aveva delle definizioni precise e incontestabili, e per questo motivo si spiega il continuo conflitto di interessi fra i due Stati confinanti.

La venuta di Napoleone, datata 1797, segna in Friuli, come dovunque fossero arrivate le armate francesi, profondi cambiamenti. Il nuovo secolo si apre sotto l’egida della dominazione francese, che deterrà il governo del Friuli negli anni che vanno dal 1805 al 1813. Passati amministrativamente sotto il distretto di Palmanova e il dipartimento di Passariano, i tre abitati di Gonars, Fauglis e Ontagnano subiscono in pochi anni una profonda ristrutturazione amministrativa, nonché politica e sociale. Il dato più importante è l’accorpamento dei tre abitati nell’unico nucleo del comune di Gonars, con la fissazione della struttura attuale di un capoluogo con frazioni annesse, governato da un sindaco e da consiglieri nominati dal prefetto del dipartimento. Fondamentali in questo periodo sono anche l’introduzione del codice civile, che si va a sostituire a tutti i diritti e le giurisdizioni di retaggio ancora feudale; la realizzazione di un catasto, detto appunto napoleonico, per una più equilibrata distribuzione della tassazione sul territorio; ed il miglioramento delle reti viarie, prima fra tutte la Stradalta (denominata appunto anche “Napoleonica”), resa più rettilinea ed agevole al transito.

Con la sconfitta di Napoleone e, più precisamente, con il 1813, inizia un nuovo periodo di dominazione austriaca, il secondo, esteso praticamente a tutto il Friuli. Il 7 aprile 1815 viene istituito attraverso un proclama il Regno Lombardo-Veneto, comprendente entro i suoi confini tutti i territori friulani appartenuti un tempo a Venezia. A fianco ed in continuità con esso, la restante parte dei territori friulani, già sotto la tutela austriaca da tempi anteriori alla Rivoluzione francese, andrà invece ad unirsi dal punto di vista amministrativo ai “Paesi della Corona”. Questo confine immaginario, che passava proprio nelle adiacenze di Palmanova, non creava però nessuno stacco o divario fra il neonato Regno Lombardo-Veneto e i domini ereditari della Casa d’Asburgo; le misure amministrative erano più o meno le stesse, quasi identiche erano le misure fiscali, uguale la legge comunale e provinciale, così come le disposizioni riguardanti l’istruzione, la giustizia e gli obblighi militari.

Nonostante quest’organizzazione positiva ed un carico fiscale decisamente inferiore a quello degli anni napoleonici, non si può dire però che queste terre accettassero di buon occhio e tranquillamente il dominio della Casa d’Austria. Numerose erano le lamentele, le contestazioni e le proteste, che a volte sfociavano in vere e proprie rivolte o azioni armate. La concomitanza di questi cambiamenti politici ed avvenimenti dolorosi con un susseguirsi di carestie, legate ad una pessima congiuntura climatica (il 1816 viene definito “l’anno senza estate”, mentre gli anni seguenti sono altrettanto freddi e sfavorevoli all’agricoltura), portarono l’intera regione a livelli di vita veramente bassi, significativamente testimoniati dalla definizione di questo piccolo periodo, 1813-1821, come  “i ains de grande fan”.

Sorge nel frattempo la provincia di Udine (1814), che accoglie nel suo seno anche i paesi di Gonars, Fauglis e Ontagnano, precedentemente sottoposti alla Contea di Gorizia e Gradisca, mentre il sindaco viene sostituito da un podestà e il catasto, realizzato dai francesi, viene completato, con conseguente revisione e perequazione della tassazione. Viene abolito il Codice napoleonico, sostituito con il Codice civile austriaco, per molti aspetti più avanzato di quello francese, che resterà in vigore in Friuli fino al 1871. Soprattutto vengono ridefinite le amministrazioni locali e provinciali, i cui membri verranno scelti nella maggior parte fra le fila della classe medio-alta locale, al fine di far governare i propri sudditi da persone direttamente a loro legate.

La situazione economico-sociale delle classi medio basse continua però a peggiorare. Attività principale era l’agricoltura che occupava la stragrande maggioranza della popolazione in qualità soprattutto di giornalieri, mezzadri e fittavoli. Questi, sottoposti a patti colonici sempre più gravosi, andavano via via ad incrementare il numero crescente di contadini senza il possesso della terra che, inevitabilmente e direttamente legati ai flussi variabili dell’attività agricola, andranno a costituire il bacino demografico da cui attingerà successivamente il fenomeno dell’emigrazione, significativo ed evidente specialmente dalla seconda metà del secolo. Il possesso dei terreni era invece, soprattutto nella zona della Bassa friulana, nelle mani di grossi proprietari, che non lo amministravano direttamente, ma per mezzo di gastaldi e fattori, il cui impegno principale era la gestione e il controllo dell’attività dei sottoposti contadini, per lo più assoldati attraverso il patto di mezzadria. A fianco all’agricoltura, l’artigianato e l’industria si presentavano come attività marginali e dirette ad un fabbisogno prettamente locale.

Sarà il malessere derivante da questa situazione stagnante e economicamente povera, unito a fermenti di tipo indipendentista ed irredentista, ad alimentare i moti del 1848, che percorreranno anche il Friuli lasciando dei segni indelebili soprattutto nella zona di Palmanova e dei paesi circostanti, e che saranno la spia più evidente e significativa della futura unità d’Italia.

Nel processo di unificazione nazionale i territori friulani assumeranno infatti, quali zona di confine, una significativa importanza strategica; lo dimostra innanzi tutto l’oscillare del confine fra neonato Regno d’Italia e casa d’Austria, fissato nell’agosto del 1866, alla fine della Terza guerra d’indipendenza, lungo una linea che passava tra Morsano e Gonars, e spostato nel mese di ottobre dello stesso anno alcuni chilometri ad est di Palmanova. Da quella data in poi l’odierno territorio del Comune di Gonars entrerà a far parte in modo stabile del territorio italiano.

Questo profondo cambiamento politico, accolto con tiepido entusiasmo, non porta però ad un significativo mutamento delle condizioni economiche e sociali della Bassa pianura friulana. La stragrande maggioranza della popolazione è ancora impiegata nell’attività agricola, che però non riesce a fornire il nutrimento necessario a sfamare in modo completo tutta la popolazione. Questa situazione di ristagno porta al sorgere ed intensificarsi del fenomeno dell’emigrazione, che vedrà tra fine Ottocento e prima metà del Novecento un ingente numero di braccianti partire in cerca di fortuna e di lavoro non solo in Europa, ma anche nel resto del mondo. Questo sarà il fenomeno più rilevante di un periodo, quello fra il 1866 e il 1914, segnato da decenni di pace, ma caratterizzato da una storia opaca, priva di avvenimenti significativi e di qualsiasi rilevante progresso.

In contemporanea con questi flussi migratori, soprattutto di carattere temporaneo e stagionale, ma che progressivamente assumeranno il tenore di emigrazioni permanenti, specialmente transoceaniche, che porteranno al Friuli un consistente apporto finanziario attraverso le rimesse degli emigranti, gli inizi del Novecento presentano il sorgere nei territori comunali di un certo sviluppo artigianale e commerciale, caratterizzato in particolar modo per il territorio di Gonars dall’attività calzaturiera. Essa andrà a costituire lungo tutto il ventesimo secolo, con inevitabili alti e bassi, uno dei settori economici principali di questa zona, affiancato da altre attività, quali ad esempio la lavorazione del ferro e del legno, la molitura, la sartoria e un numero considerevole di osti e pizzicagnoli.

Riferimenti bibliografici

Gonars : un comune della Bassa Friulana / Ermanno Dentesano. - [Fauglis ] : a cura del Gruppo culturale ricreativo di Fauglis, [1981?]

Breve Storia del Friuli / P.S. Leicht. - 4. ed. / con aggiunte a cura di C.G. Mor. - Udine : Libreria Editrice «Aquileia», 1970 

Storia del Friuli / Pio Paschini ; 4 ed. a cura di Giuseppe Fornasir. - Udine : Arti Grafiche Friulane, 1990