Il campo di concentramento 1942-1943

Per quanto riguarda particolarmente l’abitato di Gonars ed il suo territorio, le vicende della seconda guerra mondiale si intersecano in maniera strettissima con la vita della comunità locale per la realizzazione nell’autunno del 1941 da parte del regime fascista di un campo di concentramento, in cui dalla primavera del ’42 furono internati molte migliaia di civili rastrellati nei territori della Jugoslavia occupati dall’esercito italiano. Il campo di Gonars, costruito appena fuori dall’abitato in una zona attigua alla “Napoleonica”, era costituito da due distinti recinti a circa un chilometro uno dall’altro, il campo A e il campo B, a sua volta diviso in tre settori, Alfa, Beta e Gamma. Era circondato da un alto filo spinato, con torrette di guardia con mitragliatrici e potenti fari che lo illuminavano a giorno.

Il campo era stato costruito nell’autunno del 1941 in previsione dell’arrivo di prigionieri di guerra russi, ma in questo senso non fu mai utilizzato. Nella primavera del 1942 venne invece destinato all’internamento dei civili della cosiddetta “Provincia italiana di Lubiana”, rastrellati dall’esercito italiano in applicazione della famigerata Circolare 3C del generale Roatta, comandante della II Armata, che stabiliva le misure repressive da attuare nei territori occupati e annessi dall’Italia dopo l’aggressione nazifascista alla Jugoslavia del 6 aprile 1941.

Le due massime autorità civili e militari della provincia di Lubiana, l’Alto Commissario Emilio Grazioli, squadrista della prima ora, e il generale Mario Robotti, comandante dell’XI Corpo d’Armata, misero in pratica con puntuale spietatezza le misure repressive: fucilazione di ostaggi, incendi di villaggi, deportazioni di intere popolazioni. Nella notte fra il 22 e il 23 febbraio del 1942 la città di Lubiana venne completamente circondata da filo spinato, tutti i maschi adulti arrestati, sottoposti a controlli e la gran parte di essi destinati all’internamento. Stessa sorte subirono in breve anche le altre città della “provincia”.

Gli arrestati furono portati nel campo di concentramento di Gonars, che nell’estate del ’42 conteneva già oltre 6000 internati, ben al di sopra delle sue possibilità ricettive, che erano per meno di 3000 persone. A causa del sovraffollamento, delle precarie condizioni igieniche e della cattiva alimentazione, ben presto si diffusero varie malattie, come la dissenteria, che cominciò a mietere le prime vittime.

In questo primo periodo nel campo si trovarono concentrati intellettuali, studenti, insegnanti, artigiani, operai, tutti coloro insomma che venivano considerati potenziali oppositori dell’occupazione, fra essi anche molti artisti che alla detenzione nel campo hanno dedicato molte delle loro opere. Sotto pseudonimo erano internati anche esponenti del Fronte di Liberazione sloveno, che sarebbero poi diventati dirigenti della Resistenza jugoslava. Alcuni di essi nell’agosto del 1942 organizzarono una clamorosa fuga dal campo, con il più classico dei metodi: lo scavo di una lunga galleria sotto la baracca XXII.

Dopo la fuga, la gran parte degli internati vennero trasferiti in altri campi che nel frattempo erano stati istituti in Italia, in particolare a Monigo di Treviso, a Chiesanuova di Padova e a Renicci di Anghiari in provincia di Arezzo e poi a Visco, in provincia di Udine, a pochi chilometri da Gonars. Ma il campo di Gonars si riempì ben presto di un nuovo tipo di internati: uomini, donne, vecchi e bambini rastrellati dai paesi del Gorski Kotar, la regione montuosa a nord-est di Fiume, e prima deportati a Kampor, nell’isola di Rab (Arbe). Qui nel luglio del 1942 il generale Roatta aveva predisposto l’istituzione di un immenso campo di concentramento, destinato ad essere una delle tappe della “bonifica etnica” dei territori jugoslavi occupati programmata dal regime fascista. Nell’estate del 1942 vi vennero internati oltre 10.000 sloveni e croati, in condizioni di vita spaventose, in logore tende, senza servizi igienici né cucine. I campi di concentramento per jugoslavi erano infatti organizzati dai comandanti dell’esercito italiano secondo il principio espresso dal generale Gambara: “Campo di concentramento non è campo di ingrassamento. Individuo malato = individuo che sta tranquillo”. Ben presto la mortalità a Rab raggiunse livelli altissimi e il generale Roatta decise il trasferimento di donne, vecchi e bambini a Gonars, dove nell’autunno-inverno 1942-43 arrivarono migliaia di persone in condizioni di debilitazione estrema. Così, nonostante l’impegno umano di alcuni degli ufficiali e soldati del contingente di guardia, quali il medico Mario Cordaro, nel campo di Gonars morirono, di fame e malattie, oltre 500 persone. Almeno 70 erano bambini di meno di un anno, nati e morti in campo di concentamento.

Il campo di Gonars, come tutti gli altri campi fascisti per internati jugoslavi, funzionò fino al settembre del 1943, quando con la capitolazione dell’esercito italiano il contingente di guardia fuggì e gli internati furono lasciati liberi di andarsene. Nei mesi successivi la popolazione di Gonars smantellò il campo utilizzando i materiali per altre costruzioni, come l’asilo infantile, e così oggi delle strutture del campo non rimane più nulla.  

A memoria di questo campo di concentramento, per iniziativa delle autorità jugoslave nel 1973 venne costruito nel cimitero cittadino un Sacrario, opera dello scultore Miodrag Živković, dove in due cripte furono trasferiti i resti di 453 cittadini sloveni e croati internati e morti nel campo di concentramento di Gonars.

Riferimenti bibliografici

Un campo di concentramento fascista : Gonars 1942-1943 / Alessandra Kersevan. - Gonars : Comune di Gonars ; Udine : Kappa Vu, c2003

Oltre il filo : storia del campo di internamento di Gonars, 1941-1943 / a cura di Nadja Pahor Verri. - [Udine] : Arti Grafiche Friulane, 1996

The Gonars memorial : storia e memoria del campo di concentramento fascista di Gonars e altri luoghi da non dimenticare [sito web] / Comune di Gonars, Comune di Visco, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Unione europea.

The Gonars memorial : Gonars 1942-1943 : il simbolo della memoria italiana perduta [DVD] / di Alessandra Kersevan e Stefano Raspa. - Udine : Kappa Vu, 2005